Nella società attuale una moltitudine di persone soffre di disturbi del comportamento alimentare, in particolare di anoressia, bulimia e disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating disorder).
I disturbi del comportamento alimentare sono classificati nell’ultima edizione del Manuale Diagnostico e Statistico Dei Disturbi Mentali DSM 5 “Disturbi della nutrizione e della alimentazione”; essi sono distinti in sei categorie diagnostiche principali:
Pica: si caratterizza per la continuativa ingestione di una o più sostanze di contenuto non alimentare e non commestibili per almeno 1 mese. Esempi possono essere carta, sapone, stoffa, capelli, lana, terra, gesso, vernice, gomma, metallo, cenere, terra, ciottoli, ghiaccio. Tale comportamento può produrre conseguenze mediche più o meno gravi come ostruzioni intestinali, avvelenamenti, infezioni e deficit nutrizionali.
Mericismo o Disturbo da Ruminazione: si caratterizza per il continuativo rigurgito del cibo per almeno 1 mese. Il soggetto ingerisce il cibo Il cibo e poi lo rigurgita (anche parzialmente digerito), può essere poi rimasticato, ringoiato o sputato, senza nausea o disgusto o conati di vomito. La funzione del comportamento è quella di autoconsolare o autostimolare il soggetto.
Disturbo alimentare evitante/restrittivo: si caratterizza per il disinteresse per il cibo, la selezione di alcuni alimenti basato sugli aspetti sensoriali o anche su alcune marche, la preoccupazione per le conseguenze negative del mangiare, quali eventuali vomito o soffocamento. La conseguenza negli adulti è la significativa perdita ponderale.
Anoressia nervosa: è caratterizzata dalla restrizione nell’assunzione di calorie ed il peso corporeo significativamente basso; l’intensa paura di ingrassare; l’alterazione della rappresentazione mentale del proprio corpo che conduce ad una costante sensazione di essere sovrappeso. Diversamente della precedente edizione del DSM, nel DSM 5 l’amenorrea (assenza di mestruazioni) non costituisce più il fondamentale criterio per porre diagnosi di Anoressia nervosa.
Bulimia nervosa: è caratterizzata da abbuffate e inappropriate condotte compensatorie per almeno 1 volta alla settimana per 3 mesi. Il DSM-5 definisce un episodio di abbuffata come l’ingestione di una quantità di cibo significativamente superiore a quella che la maggior parte degli individui assumerebbe nello stesso tempo ed in circostanze simili, caratterizzato dalla sensazione di perdere il controllo durante l’abbuffata. Le “inappropriate condotte compensatorie”, utilizzate per prevenire l’aumento di peso a seguito di un episodio di abbuffata, consistono ad esempio nel vomito autoindotto; abuso di farmaci (quali lassativi e diuretici); digiuno o attività fisica eccessiva. Come per l’anoressia nervosa, anche nella bulimia l’autostima è eccessivamente influenza del peso e della forma corporei.
Disturbo di alimentazione incontrollata (binge eating disorder): è caratterizzato da abbuffate almeno 1 volta alla settimana per 3 mesi, senza inappropriate condotte di compensazione. In questo disturbo, a differenza di quanto avviene nella bulimia nervosa, è presente minore interesse soggettivo mostrato nei confronti del peso e delle forme corporee.
Gli episodi di abbuffate compulsive sono caratterizzate dai seguenti aspetti:
- Mangiare molto più rapidamente del normale;
- Mangiare fino ad avere una sensazione dolorosa;
- Mangiare grandi quantità di cibo pur non sentendo fame;
- Mangiare in solitudine a causa dell’imbarazzo per le quantità di cibo ingerite;
- Provare disgusto di sé, intensa colpa o disagio dopo aver mangiato troppo.
Oltre alle precedenti si individuano due categorie residue:
Disturbo della nutrizione o della alimentazione specificato che comprende forme di anoressia bulimia sottosoglia, disturbo da alimentazione incontrollata con condotte di eliminazione e la sindrome del mangiare di notte.
Disturbo della nutrizione o della alimentazione non specificato ovvero un disturbo dell’alimentazione in cui mancano delle informazioni per specificarne le caratteristiche.
CAUSE DEI DISTURBI ALIMENTARI
L’eziopatogenesi dei disturbi della nutrizione e della alimentazione è di tipo multifattoriale. Essi sono il risultato dell’interazione di fattori predisponenti (genetici, psicologici, ambientali e socioculturali), fattori precipitanti (diete restrittive e difficoltà psicologiche personali) e fattori di mantenimento (sindrome da digiuno e il rinforzo positivo dall’ambiente).
Alcuni fattori di rischio e mantenimento dei disturbi della nutrizione e della alimentazione:
- Alterata percezione dell’immagine e delle forme corporee (insoddisfazione per l’immagine corporea).
- Eccessiva importanza attribuita al peso, alla forma del corpo e al controllo dell’alimentazione.
- Bassa autostima e tratti di ossessività e perfezionismo della personalità
- Rimuginio e locus of control esterno (percezione che la propria vita sia regolata da qualcosa al di fuori del proprio controllo)
- Controllo del peso, del cibo e dell’aspetto corporeo
- Criticismo percepito (percezione di essere costantemente criticati che contribuisce allo sviluppo del perfezionismo)
TRATTAMENTO COGNITIVO COMPORTAMENTALE DEI DISTURBI ALIMENTARI
La Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT) dei disturbi alimentari si focalizza su:
– Psicoeducazione del paziente: fornire informazioni su cibo, sistemi metabolici coinvolti, meccanismo fame-sazietà;
– Analisi del comportamento alimentare tramite automonitoraggio quotidiano (diario alimentare) e controllo settimanale del peso;
-Ripristino di un comportamento alimentare equilibrato (eliminazione dei comportamenti disfunzionali legati al cibo e alle forme corporee)
– Riconoscimento delle connessioni tra cognizioni, emozioni e comportamento;
– Educazione all’autocontrollo e all’osservazione del proprio modo di assumere il cibo in rapporto a pensieri ed emozioni;
-Individuazione dei principali meccanismi psicologici che conducono all’abbuffata e modificazione di questi;
La CBT agirebbe attraverso vari meccanismi (Wilson e Fairburn, 1993):
- Modificando le attitudini disfunzionali verso cibo, peso e forme corporee;
- Riducendo la restrizione dietetica diminuisce il richio di abbuffate e si contrasta il pensiero dicotomico “tutto o nulla” rispetto al cibo;
- Aumentando l’auto-efficacia fronteggiando le situazioni in cui la persona rischia di perdere il controllo attraverso l’introduzione di diversi tipi di cibo (introduzione dei “cibi proibiti” all’interno di pasti regolari);
- Sviluppando abilità di coping e il problem solving diminuiscono i comportamenti disfunzionali.
(clicca qui per approfondire l’argomento Disturbi del Comportamento Alimentare -DCA).